In questa lunga intervista rilasciata al quotidiano Libero, Francesco Rocca svela il significato dello “Spirito di Solferino” e spiega che, di quella spinta originaria, è ancora vivo tutto. Ecco l’operare del volontario: la totale neutralità davanti al conflitto, chiave per poter portare aiuto ovunque. Il pezzo continua affrontando temi cruciali per la Croce Rossa quali la migrazione, la povertà e le emergenze. 

Lo “Spirito di Solferino”

Il presidente della Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca, in una lunga intervista a Libero ci svela lo “Spirito di Solferino”: l’imparzialità di fronte alle due parti di un conflitto e la volontà ferma di intervenire, sempre e comunque, in favore dei più vulnerabili. Egli sottolinea che, ancora oggi, di quella spinta è rimasto tutto. Un copione destinato a non tramontare. Per Rocca la grande intuizione che poi è diventata la linfa di Croce rossa, non è la pietas per il soldato ferito, ma piuttosto la totale “neutralizzazione davanti al conflitto” che consente al soccorritore di accedere in ogni luogo senza farsi sparare. Lo “Spinto di Solferino” e della Convenzione di Ginevra è, e sarà sempre questo: l’imparzialità davanti alla guerra, ciò che rende possibile l’aiuto umanitario, la chiave del volontario per entrare ovunque.

Un esempio concreto: la Georgia nel 2008

Georgia, 2008. Francesco Rocca racconta che la Croce Rossa Italiana è stata la prima ad arrivare a Gori: la città simbolo del conflitto scoppiato a inizio agosto contro la secessionista Ossezia del Sud. I russi, intervenuti a favore dei secessionisti stessi, non facevano passare nessuno. La Croce Rossa della Georgia aveva chiesto aiuto alla CRI. Sessanta volontari partono, con 19 mezzi, da tutta Italia il 22 agosto. Migliaia i morti, i feriti, gli sfollati, case distrutte, rifornimento idrico ed energia elettrica tagliati in quasi tutte le città georgiane. Una devastazione: la risposta di Mosca era stata pesantissima. In 16 mila hanno dovuto abbandonare la capitale Tblisi. A Gori viene impiantato il “Campo Italia” che forniva soccorso e aiuti umanitari: una media di 5mila pasti al giorno. Il ministro degli Esteri canadese si è complimentato con i volontari CRI per “l’efficienza e la generosità”. Idem i funzionari dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e la moglie del Primo ministro georgiano in visita al campo”.

Il motto “Nessun essere umano è illegale”

I flussi migratori – sottolinea Il Presidente CRI all’intervistatore – non devono essere affrontati come un’emergenza, ma come un fenomeno. Un fenomeno destinato ad andare avanti se resteranno in piedi le cause scatenanti. E che rischia di diventare inarrestabile se queste cause non saranno sanate alla radice. La Croce Rossa sottolinea con forza che “Nessun essere umano è illegale”.

La povertà va combattuta sul posto

Il fenomeno migratorio, secondo Francesco Rocca, va “risolto in loco”. La carestia del Corno d’Africa, la crisi somala, piuttosto che quella eritrea generano un flusso migratorio che va ormai avanti da venti anni. Questa non è emergenza, ma una realtà costata ormai un patrimonio enorme all’Italia e all’Unione europea, che poi così unita non è. Serve un intervento sistemico, urge la cooperazione internazionale. La povertà va combattuta sul posto.

Come tutelare il migrante

Il migrante (cosiddetto) economico che parte, non sa a cosa va incontro, ricorda Rocca. Non ha nessun tipo d’informazione riguardo il lavoro, i suoi diritti e doveri nei paesi in cui approda. Inoltre non conosce lo scenario criminale gestito dai trafficanti e i rischi legati al viaggio che, troppo spesso, è verso la morte. Serve implementare il Global compact, investire sui paesi d’origine e assicurare ai migranti l’accesso a un’informazione chiara e che può frenare chi intende partire.

I soccorsi sulle navi del MOAS

La Croce Rossa va incontro a dei disperati in mezzo al mare. Il Presidente racconta che un tempo c’erano barche di legno sì pericolose, ma ora è anche peggio perché i migranti arrivano con mezzi improbabili costruiti in Libia a getto continuo, di fabbricazione cinese. Trappole destinate ad affondare. In soli tre mesi di attività, prima sulla nave Phoenix e poi sulla Responder, Croce rossa insieme col Migran offshore aid station (Moas) ha salvato 4522 persone in 44 operazioni nel Mediterraneo assistendo duecentoventimila persone, solo da gennaio 2015 a settembre 2016.

L’Assemblea dell’Onu a New York

Rientrando dall’Assemblea dell’Onu di New York sulla crisi migratoria globale, Francesco Rocca si è detto deluso dal vertice, perché sono stati presi impegni sui rifugiati, ma non sui migranti. Di soluzioni non ne sono state trovate, rimandando il tutto all’appuntamento del 2018. E questo la dice lunga sulla mancanza d’impegni da parte di quei governi che hanno un peso specifico nella soluzione del problema.

L’Aquila e Haiti

Un ricordo impresso nell’anima di Francesco Rocca è quello del terremoto dell’Aquila. Il Presidente di CRI (per sessanta giorni in tenda come volontario) ricorda la devastazione e il numero dei morti di quel terremoto (vicini a quelli dell’ultimo di Amatrice) e i tanti sfollati. Cinquantamila da assistere. Disperati senza più niente. Altra esperienza forte quella di Haiti: tre milioni coinvolti dal sisma. Più di 200 mila morti. Ancora oggi, ad anni di distanza, il Paese fatica a uscire dall’emergenza sociale e sanitaria.

 

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