
Il presidente della Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca, ospite di Unomattina, è intervenuto sulla crisi siriana, partendo dal commento daìi un servizio sulla storia della giovane Nujeen Mustafa, la sedicenne disabile che, nel 2015, è fuggita da Aleppo, accompagnata dalla sorella che ha spinto la sua sedia a rotelle per oltre 6000 km, attraversando otto paesi, fino a raggiungere la Germania.
Le condizioni attuali dei civili siriani
“Soltanto una minima parte di chi si mette in fuga dalla Siria – ha commentato Rocca – riesce a raggiungere l’Europa. Dobbiamo pensare che questo Paese, prima del conflitto, aveva circa 20 milioni di abitanti. Oggi la metà di questi sono rifugiati tra Libano, Turchia e Europa o Giordania, oppure sfollati interni, in condizioni assolutamente precarie, inimmaginabili. Non si può certo giudicare chi decide di scappare”.
L’inclusione dei siriani in Europa
La giornalista domanda poi a Rocca se queste persone, una volta scappate, riescano a trovare una condizione di vita positiva. “Questo ovviamente dipende molto dalla capacità di inclusione dei Paesi. La migrazione dalla Siria in Europa – spiega il presidente di CRI – è anche una “migrazione fortunata”. I rifugiati giunti, infatti, hanno un tasso di scolarizzazione abbastanza alto, quindi l’inclusione è in atto, anche se gradatamente, non solo in Italia ma soprattutto nei paesi del Nord Europa”.
Il dramma dei civili che non sono riusciti a scappare
Francesco Rocca prosegue raccontando di essere stato in Siria diverse volte dall’inizio del conflitto. “La maggior parte della popolazione vive in edifici scolastici, molti sotto teli di plastica. Ricordo di una volta in cui andammo a trovare una famiglia che viveva sotto un edificio non completato vicino a una discarica. Rammento decine di bambini che giocavano e cercavano una loro normalità in mezzo ai rifiuti. Viste le condizioni igienico-sanitarie, in Siria è tornata la poliomelite, una malattia che credevamo debellata. Ad oggi ci sono 17 casi confermati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Questi sono gli “effetti collaterali” della guerra, di cui non si parla abbastanza. Non si parla mai abbastanza dell’accesso alla cura medica. Il taglio dell’acqua è diventato proprio uno strumento di guerra sulla pelle dei civili, contro tutte le convenzioni internazionali. E su questo, nessuna delle due parti in conflitto è migliore dell’altra”.
Gli operatori umanitari che hanno perso la vita in 7 anni di conflitto
Il presidente di CRI chiude l’intervista ricordando che sono oltre 60 gli operatori della Mezzaluna Rossa siriana uccisi nell’adempimento del dovere dall’inizio del conflitto. “In Siria quello che noi maggiormente lamentiamo, come organizzazioni umanitarie, è l’accesso. Risulta davvero difficilissimo arrivare ai civili, coloro che dovrebbero essere protetti in qualunque momento. Poi non dobbiamo meravigliarci se scappano”.
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