L’acceso dibattito su Green Pass e obbligatorietà vaccinale è un lusso riservato ai Paesi occidentali che nell’arco di pochi mesi sono riusciti a proteggere più della metà della loro popolazione attraverso campagne d’immunizzazione capillari con vaccini di accertata sicurezza ed efficacia. Queste campagne hanno portato a una drastica riduzione della mortalità da Covid, hanno riaperto gli ospedali a pazienti non-Covid e stanno ora permettendo il graduale ritorno a una socialità di cui tutti abbiamo sentito profondamente la mancanza nell’ultimo anno e mezzo. In Europa e nell’America del Nord, nonostante il recente incremento dei casi, è possibile intravedere la fine di questa pandemia nei prossimi mesi, dopo che la variante delta avrà fatto il suo corso, infettando prevalentemente i non-vaccinati e uccidendo in numeri molto minori rispetto alle ondate precedenti.

Il resto del mondo è invece in una situazione drammatica: molti paesi, come la Namibia, l’Indonesia, l’Ecuador e il Brasile hanno al momento tassi di mortalità altissimi. L’idea di green pass, lì come altrove, è inconcepibile: il 73% della popolazione mondiale ad oggi non ha ricevuto nessun vaccino e nei paesi a basso reddito il 99% della gente è ancora in attesa della prima dose. Chi vorrebbe il vaccino non lo può avere perché i vaccini non ci sono: i paesi ricchi se li sono accaparrati nei mesi passati secondo una logica di mors tua vita mea, che ha lasciato ben poco al resto del mondo.

La Commissione Europea e diversi paesi occidentali hanno cercato di riparare a questa vergognosa iniquità globale attraverso la creazione di Covax, una piattaforma internazionale per la distribuzione dei vaccini nei paesi più poveri. Ad oggi Covax ha distribuito 150 milioni di dosi, un importante risultato ma una goccia nel mare rispetto ai 4 miliardi di dosi somministrate nel mondo. Sulle mappe che colorano i paesi in base alla copertura vaccinale, il sud del mondo, e l’Africa in particolare, rimangono di un bianco accecante.

In questo 2021 stiamo assistendo al medesimo fallimento internazionale che trent’anni fa condannò milioni di Africani a morire di Aids quando il nord del mondo aveva antiretrovirali a disposizione ma a costi troppo alti per i paesi poveri. Come nella pandemia di Aids, corriamo il rischio che una parte del globo sia protetta e un’altra parte rimanga flagellata dal virus per anni. La risposta a questa crisi sanitaria, economica ed etica creata dal Covid deve essere politica. Lo fu nel luglio 2001 quando il G8 approvò la creazione del Fondo Globale contro l’Aids che negli ultimi vent’anni ha salvato 38 milioni di vite e che oggi consente l’accesso gratuito agli antiretrovirali a 20 milioni di persone. Come accadde allora quando l’India diventò il primo produttore di farmaci antiretrovirali e il costo annuo di trattamento a persona crollò in pochi anni da 10,000 a 100 dollari, così è necessario che una decisione politica sui brevetti consenta la produzione dei vaccini in tutto il mondo attraverso il trasferimento di tecnologie e conoscenze in paesi più poveri. Occorre maggiore supporto finanziario per la piattaforma Covax ed è necessario accelerare e aumentare la donazione di vaccini dai paesi ricchi verso i paesi più poveri.

Il mondo ha bisogno non di carità ma di un cambiamento radicale, mirato al rafforzamento sostenibile della capacità dei sistemi sanitari nei paesi più poveri che possa durare ben oltre il Covid. Questo cambiamento deve essere saldamente ancorato al principio di solidarietà, perché da questa pandemia si esce solo se si sta uniti, tra popoli e tra individui. Finanziare programmi internazionali per velocizzare le vaccinazioni in paesi a basso reddito e in contesti umanitari significa non solo salvare migliaia di vite, ma anche contribuire ad evitare l’emergenza di varianti più letali e resistenti ai vaccini che potrebbero tornare a colpire il mondo occidentale in un futuro non lontano.

A livello individuale solidarietà significa vaccinarsi, proteggendo noi stessi ma anche coloro che vaccinarsi non possono o non vogliono. Anche l’accettazione di regole mirate a proteggere dal virus le nostre comunità, come il green pass, è espressione di responsabilità civile e rispetto per gli altri. Solidarietà significa infine ascoltare chi ha dubbi, come fanno milioni di volontari di Croce Rossa in tutto il mondo, rispondendo alle paure e dando fiducia verso la scelta di vaccinarsi. Perché ogni vaccinazione è un passo verso la fine della pandemia, e nessuno sarà davvero al sicuro finché il mondo intero non sarà vaccinato.

da “La Stampa” del 3 agosto 2021