Il dramma delle persone migranti morte nel Mediterraneo in un graphic novel che racconta di un mare che, per la vergogna, decide di ritirare le sue acque svelando – all’improvviso – tutto ciò che ha nascosto per anni. Questo il leit motiv di “Mediterraneo”, opera realizzata con il sostegno della Croce Rossa Italiana e presentato oggi a Roma, nella sede della Stampa Estera: un’occasione per fare il punto, con i corrispondenti stranieri, sul delicato e controverso tema.
La situazione in Libia
Primo punto che abbiamo affrontato nell’incontro è stato quello della Libia, dove la situazione umanitaria non è migliorata e continuano a esserci, drammaticamente, i centri di detenzione. Manca una reale capacità di gestione del fenomeno: una situazione catastrofica, di fronte alla quale chiudiamo gli occhi. Perché è vero che stiamo dando grande supporto alla Libia, ma l’attenzione è sempre sul piano economico, mai sui diritti umani. Dobbiamo mettere il Paese innanzi all’obbligo di firmare le Convezioni di Ginevra. Il pattugliamento e il rimpatrio rappresentano una grande ipocrisia, dietro alla quale ci nascondiamo. Non si possono riportare le persone migranti in Libia, dove violenza e scontri armati sono all’ordine del giorno. Le persone migranti sono tutelate dalle convenzioni internazionali: accettare che la guardia costiera libica pattugli le acque internazionali, riportando i migranti in Libia, è inaccettabile.
Gli scenari in Niger
Stiamo vivendo, negli ultimi tempi, con la grande preoccupazione per un altro Paese che, finora, era stato relativamente “aperto”: parlo del Niger. Mi auguro ci si renda conto che stiamo andando verso una deriva preoccupante. Ad Agadez c’è un’intera economia che poggia sul traffico degli esseri umani. Sono molto allarmato, anche alla luce del mio recente viaggio nel Paese Africano, dove ho potuto toccare con mano la situazione, grazie alle testimonianze della Consorella nigerina. Anche qui la comunità internazionale deve intervenire, non dobbiamo lasciarli soli.
Il Corno d’Africa
Più si affronta la questione dei flussi migratori e più ci si rende conto che è l’approccio occidentale a essere sbagliato – su tutta la linea – soprattutto per quel riguarda il tema diffuso dell’”aiutiamoli a casa loro”. Esempio concreto è il flusso dal Corno d’Africa, ininterrotto da molto tempo. Ho iniziato a fare volontariato negli anni ’80 e ricordo, già da allora, un significativo numero di persone migranti provenienti da lì. E’ chiaro, perciò, che è tutto da rivedere.
La necessità di un nuovo approccio
“Per anni al Mediterraneo è stata attribuita la responsabilità e la colpa di uccidere esseri umani in fuga e in cerca di una salvezza. Ma non è il mare a ucciderli, non lo è mai stato – ho scritto nella prefazione del graphic novel – piuttosto sono alcune politiche adottate negli anni, l’innalzamento di muri e la spregiudicatezza dei trafficanti di uomini. Il mare, per sua stessa natura, ha solo celato quella colpa, rendendosi inconsapevolmente complice di una delle più grandi tragedie umane”. E’ importante far circolare, invece, questa consapevolezza, perché assistiamo sempre più a una tenuta dei diritti umani a dir poco vacillante. Non dimentichiamoci che 600 persone sono morte, solo dall’inizio dell’anno, nel “nostro” mare. Ma ne basterebbe una sola a dimostrare la gravità della situazione. Come Croce Rossa non prendiamo posizioni politiche, ma non siamo mai neutrali di fronte alla fragilità. Lo stigma di chi scappa da fame e violenza è qualcosa che preoccupa, ogni giorno di più”.
RFL e la ricostruzione dei legami familiari
Non sono solo le guerre a separare le famiglie, ma anche le migrazioni. Per questo, attraverso il progetto Restoring Family Links (RFL), sfruttiamo le nostre competenze e i contatti sviluppati in decenni di attività nei teatri di conflitto per ricongiungere coloro che scappando hanno perso traccia dei propri cari. Grazie al nostro staff, presente in 190 Paesi del mondo, seguiamo i fili di quei familiari dispersi, detenuti, emigrati, per provare a riannodarli.
Nuclei familiari divisi, legami spezzati e attese estenuanti sono il risultato delle circostanze che spesso lasciano le famiglie all’oscuro del destino di chi è partito. Intraprendono cammini diversi nella speranza di raggiungere un futuro migliore e di ritrovare la propria famiglia una volta lontani dal pericolo. Grazie al progetto RFL raccogliamo le segnalazioni di chi viene a raccontarci la propria storia e attraverso nomi, foto e dettagli cerchiamo di ricostruire i loro legami. Sono 530 le richieste ottenute nel 2017 e 160 nei primi mesi del 2018, cifre all’apparenza basse, perchè purtroppo, ancora oggi molto spesso le persone, soprattutto se vivono in Stati in guerra, hanno paura a chiederci aiuto.