Francesco Rocca CRI situazione nella striscia di Gaza

Il mio ultimo viaggio a Gaza risale a tre anni  fa, e già in quell’occasione chiedevo un intervento della comunità internazionale per una condizione di vita davvero insostenibile. Eppure al peggio non c’è mai fine.

Il video del Comitato Internazionale di Croce Rossa

Accolgo, infatti, l’appello del Comitato Internazionale di Croce Rossa (ICRC) a denunciare l’accelerato e preoccupante degrado della situazione umanitaria, anche attraverso un toccante video  che racconta, in particolare, del dramma della carenza di energia elettrica nella Striscia, spiegando le molteplici e pericolose conseguenze.

Il peggioramento delle condizioni di vita

Negli ultimi mesi, infatti, le restrizioni imposte al movimento di persone e merci, aggravate dalla situazione interna palestinese, hanno isolato completamente Gaza dal resto del mondo, soffocandone ulteriormente la già disastrosa economia. I livelli di povertà hanno raggiunto l’apice secondo le statistiche ufficiali. Nonostante la disponibilità di generi alimentari sul mercato, il potere d’acquisto è bassissimo. Da oltre un decennio, i due milioni di persone che vivono nella Striscia hanno subito un graduale peggioramento di tutti gli aspetti della vita, ad esempio, l’accesso alle cure sanitarie, all’acqua e all’energia. I tre principali punti di ingresso e di uscita di Gaza sono controllati e questo è il nocciolo del problema. Il declino economico ha fatto sì che la maggioranza della popolazione sopravviva grazie agli aiuti umanitari. Pur essendo uno tra i luoghi con i livelli di istruzione più alti del mondo, ha anche uno dei tassi di disoccupazione più elevati, in particolare tra i giovani laureati, in scala superiore al 60% (secondo statistiche delle Nazioni Unite dell’agosto 2017). Il tutto, nonostante l’apparente normalità. Le carenze croniche di energia hanno favorito una dipendenza dalla fornitura di cibo (insufficiente e intermittente) proveniente dall’Egitto e da Israele.

La centrale elettrica

La centrale elettrica, colpita durante il conflitto del 2014 e successivamente riparata, rimane incapace di soddisfare le esigenze dei due milioni di abitanti. Non c’è sufficiente carburante: le importazioni di combustibili non adeguate alla richiesta e la scarsità di fondi hanno costretto la società di distribuzione di energia elettrica di Gaza (GEDCO) a ripartire la propria alimentazione, ovviamente a discapito della maggioranza che non può permettersi costi extra. Tale crisi energetica sta interessando servizi essenziali. Vengono addirittura interrotte le operazioni chirurgiche e ridotte le ore di funzionamento degli impianti di trattamento delle acque e del sistema fognario. Di conseguenza, 100.000 metri cubi di acque reflue non trattate vengono pompate quotidianamente in mare, inquinando le acque anche molto lontano dai confini di Gaza.

La crisi energetica

La crisi energetica ha dato il colpo di grazia alla qualità, già bassa, di vita. Le famiglie palestinesi di Gaza hanno cercato di far fronte alla situazione: alcune hanno acquistato caricabatterie UPS, ma producono energia solo per le luci, la TV o il router di Internet, escluso qualsiasi tipo di apparecchiatura più pesante, come frigoriferi e lavatrici. In alcuni quartieri, i generatori di elettricità sono stati installati da persone fisiche per uso domestico. Ciò significa un altro onere finanziario per le famiglie, già in condizioni economiche gravi. E’ necessario trovare una soluzione durevole che deve partire da una precisa volontà politica.