
Intervistato dall’Unità in merito alla tragica vicenda del rogo di un camper abitato da una famiglia rom nella periferia della città, a Centocelle, nella quale hanno perso la vita tre giovanissime di 20, 8 e 4 anni, ho potuto manifestare lo sdegno che provo per come è stata accolta questa ennesima tragedia e per l’assenza delle istituzioni
“Sono sconvolto dalla reazione della città”. Queste le prime parole rilasciate da Francesco Rocca, presidente di Croce Rossa italiana, all’Unità, in relazione alla tragica vicenda del rogo di un camper abitato da una famiglia rom nella periferia della città, a Centocelle, nella quale hanno perso la vita tre giovanissime di 20, 8 e 4 anni.
L’assenza delle Istituzioni
“Sono colpito e addolorato dal cinismo con cui è stata accolta questa ennesima tragedia – sottolinea Rocca – di esclusione sociale”. Dietro a questo grido di dolore, una constatazione amara: quella dell’assenza delle Istituzioni, a Roma come in tante altre grandi città d’Italia. “Il volontariato è stato lasciato solo nel ruolo di supplenza”. Inutile piangere lacrime amare “dopo”, spiega Rocca, bisogna necessariamente intervenire prima.
Chi sono gli abitanti di queste “zone grigie”
Francesco Rocca spiega all’intervistatore, quindi, chi sono questi “ultimi” scomodi e di cui nessuno si occupa, gli abitanti di queste “zone grigie” della società, i più vulnerabili, gli invisibili: popolazioni di etnia Rom, persone senza fissa dimora, nuovi poveri e migranti lasciati fuori dai percorsi di integrazione.
Le soluzioni possibili
Secondo il presidente di CRI, dunque, “c’è bisogno di lavorare su una società più coesa e solidale, dove ci siano regole e sicurezza accompagnate da provvedimenti di inclusione e ascolto”. Inoltre, sottolinea che la politica dovrebbe stanziare più risorse per i servizi sociali, mentre nella realtà i tagli sono stati sostanziali. “Bisogna rafforzare l’integrazione senza inseguire il linguaggio dell’odio”.
Il lavoro sulle periferie
Fracesco Rocca spiega poi che nelle periferie manca tutto, soprattutto i servizi di base, anche i più elementari e sostanziali. Servono fondi e, soprattutto, una pianificazione concreta, che si traduce in piani di integrazione. Questo consentirebbe di evitare l’esplosione di “una bomba sociale ogni due per tre”. Solo così si otterrebbe serenità sociale.
I pregiudizi sull’etnia Rom
L’intervista chiude con l’analisi del presidente di CRI circa le ragioni della paura e del sospetto che, da sempre, accompagnano l’etnia Rom. “Fino ad oggi la politica ha affrontato la questione solo in termini di buonismo o di sicurezza. Invece le due cose dovrebbero camminare di pari passo per portare sicurezza ed inclusione. Ecco la vera sfida”.